L'emergenza COVID-19 ha ampliato la platea dei soggetti che intendono attivare la possibilità di vendere i propri prodotti a domicilio o mediante vendita da asporto (c.d. take-away).
Si pone spesso il dubbio, quindi, se siano necessari adempimenti prima di iniziare tale forma di vendita.
Vediamo ora un breve riepilogo suddiviso per i principali settori!
Le attività di somministrazione di alimenti e bevande (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.)
Per tali categorie è sempre stata ammessa la vendita a domicilio durante il periodo di emergenza Coronavirus, mentre dal 24 aprile per certe regione e comunque per tutti dal 4 maggio sarà consentita anche la vendita da asporto dei propri prodotti.
Vediamo prima di tutto la questione IVA.
La somministrazione di alimenti e bevande, indipendente da cosa si consumi, è soggetta ad aliquota iva del 10%.
Quindi, che sia una pizza o una bevanda consumate in un bar, ristorante o pizzeria, l’aliquota iva da applicare sarà sempre il 10%, così come previsto dal nr. 121 Tabella A parte III allegata al DPR nr. 633/72.
Diverso è il caso in cui gli alimenti e le bevande vengano ordinati e consegnati a domicilio o ritirati dal consumatore presso l’esercizio commerciale. In questo caso viene meno, infatti, il requisito della “somministrazione”, necessario per applicare l’iva al 10% sia su cibo che sulle bevande, e può configurarsi una cessione di beni.
L’aliquota Iva sulle cessioni di beni è differenziata sulla base di quanto previsto dalla tariffa allegata al Dpr 633/72.
**Quale Iva, quindi, è applicabile in caso di consegna a domicilio o take-away? **
Nel caso in cui venga ordinata una pietanza o un cibo lavorato (es. pizza, hamburger ecc.) l’aliquota Iva da applicare è quella del 10%.
Diverso è invece il caso di acquisto di bevande da asporto. L’aliquota Iva da applicare su:
- Bevande zuccherate;
- Alcolici (es. Birra, Vino ecc.)
- Superalcolici
è, infatti, quella del 22%.
Nel caso di ordini “misti” che aliquota si applica?
In questo caso l’esercente, che in caso di somministrazione scorpora l’Iva al 10%, è tenuto a calcolare l’Iva al 10% sugli alimenti e al 22% sulle bevande.
E se l’ordine comprende un cocktail già preparato, quale aliquota sconta?
La normativa non risponde a questo caso specifico: bisogna quindi rifarsi al concetto generale distinguendo quella che può essere una cessione di bene (prevalenza del “dare”) dalla prestazione di servizi (prevalenza del “fare”).
Qualora si vendano cocktail già preparati e imbottigliati dal fornitore, seppur su “ricetta” del bar, prevarrà il “dare”: l’aliquota iva, quindi, sconterà il 22%. Qualora i cocktail vengano preparati direttamente in loco e poi venduti da asporto o a domicilio, invece, a nostro avviso prevarrà il “fare”, con la conseguente applicazione dell’iva al 10%.
Quali adempimenti deve porre in essere il bar o il ristorante prima di iniziare con la vendita d’asporto o a domicilio?
Innanzitutto, dovrà verificare la possibilità di emettere scontrini con aliquote IVA differenziate e, nel caso, richiedere l’aggiornamento del proprio registratore di cassa.
Qualora si vendano a domicilio o take-away prodotti rientranti nell'attività ordinaria dell’esercizio, non è necessaria alcuna ulteriore comunicazione al comune di competenza o camera di commercio.
Raccomandiamo, inoltre, di verificare la copertura INAIL per i dipendenti o titolari che effettuano le consegne a domicilio, oltre all'adeguamento della polizza RC attività.
Esercizi commerciali di vendita al dettaglio (i negozi di generi non alimentari)
Per tale categoria di esercenti è ammessa solo la vendita a domicilio (salvo per i commercianti di beni essenziali non obbligati a chiudere durante il covid-19). Come per i bar e ristoranti, non sarà necessaria alcuna scia in Comune o al Registro Imprese in quanto la licenza di vendita al dettaglio permette sempre la vendita a domicilio. Verificate anche in questo caso la copertura INAIL per i dipendenti o titolari che effettuano le consegne a domicilio, oltre all'adeguamento della polizza RC attività.
E invece barbieri, estetiste e parrucchiere?
I barbieri, le estetiste e le parrucchiere sono attività di norma di carattere "artigiano". Nell'esercizio della loro attività, sono legittimati a vendere i prodotti utilizzati nei loro trattamenti anche senza la SCIA di commercio al dettaglio.
Per la vendita a domicilio, invece, come chiarito dalla Regione Veneto in data 17 aprile 2020, è necessaria la SCIA di commercio al dettaglio!
Verificate sempre la copertura INAIL e RC attività per la vendita a domicilio.
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